Grand Hotel Miramare

Categoria: Palazzo

Denominazione: Grand Hotel Miramare

Ubicazione

Circoscrizione: San Teodoro

Indirizzo: Via Pagano Doria

 

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Notizie storiche

Secolo: XX

Data: edificato tra il 1906 e il 1908

Attività (uso attuale): complesso comprendente 70 alloggi di lusso, un bed and breakfast, un salone di rappresentanza, uffici, un supermercato, una banca, una palestra, una lavanderia, un bingo, box e posti auto

Uso storico: Hotel di lusso

 

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Descrizione

Orgoglioso testimone del passato, l’Hotel Miramare si staglia ancora oggi imponente sullo sfondo della collina di Fassolo. La decisione della sua costruzione arrivò dopo un profondo lavoro di mutamento del tessuto cittadino, avviato già dai primi decenni del XIX secolo: l’Hotel infatti venne edificato sulle pendici collinari dove un tempo sorgevano gli splendidi giardini della villa Doria a Fassolo, sacrificati allo sviluppo della rete ferroviaria (1853) e alla costruzione di via Pagano Doria (1889). Posto in posizione panoramica e al centro di importanti vie di comunicazione, la stazione ferroviaria e il porto, ben si prestava a rispondere alle esigenze di un vivace turismo balneare e ad assecondare la moda, allora imperante, delle terapie marine, molto amate dall’aristocrazia europea.

Il primo progetto venne affidato dalla Société Anonyme Italo Suisse d’Hotels, che acquistò il terreno, all’ingegnere-architetto Arnold Bringolf che ideò un palazzo di sette piani ma che venne respinto per ben due volte perché giudicato non conforme ai regolamenti ministeriali ed edilizi. Nel 1906, quindi, la società svizzera decise di rivolgersi a un architetto italiano, Gino Coppedè, e al suo collaboratore l'ingegnere Giuseppe Predasso che ottennero finalmente l’approvazione del progetto, senza tuttavia apportare sostanziali modifiche a quello originario. Probabilmente il Coppedè ottenne il benestare della Commissione grazie anche alla sua fama: l’architetto fiorentino infatti aveva già avuto modo di farsi notare a Genova per il suo stile neoeclettico con la costruzione del villino Piaggio in Corso Italia, noto edificio di particolare eleganza e dalle decorazioni di stile preraffaellita. Il Coppedè è ai quei tempi tra i più contesi architetti, considerato da tutti il principe del neoeclettismo liberty, in forte contrasto con i modernisti. Tuttavia il suo intervento sul Miramare venne temperato dal Bringolf, primo firmatario del progetto, e si limitò alla decorazione della facciata. Il progetto prevedeva al piano terra due ingressi, entrambi su via Pagano Doria, una grande hall, la sala di lettura, il ristorante e la sala da pranzo, affacciata su una terrazza e sui curatissimi giardini, mentre i piani superiori erano divisi in stanze comunicanti e trasformabili in appartamenti. L’inaugurazione avvenne il 12 dicembre 1908. Il Miramare visse anni di fulgente splendore e in esso vi transitarono grandi nomi della cultura e dello spettacolo che ne fecero un luogo mitico ed esclusivo: da Eleonora Duse a Stan Laurel e Oliver Hardy, ma anche nobili del Giappone, uomini politici, sovrani, emiri, scienziati tra cui Guglielmo Marconi, Winston Churchill, Margherita di Savoia e molti altri.

Durante i due conflitti mondiali l’Hotel venne prima riadattato ad ospedale, l’8 settembre 1943 requisito dall’esercito italiano, poi dalle Brigate Nere, dalla Marina Tedesca, dai partigiani durante la guerra di resistenza e infine dalle truppe anglo-americane. Gli episodi bellici travolsero il destino del Miramare che fu riaperto nell’intervallo tra le due guerre, per poi chiudere definitivamente nel 1939 e a avviarsi a un periodo di abbandono. Ben lungi dal ricordo dei suoi passati splendori passò a nuovi proprietari, la Albatros International Exchange Company che dopo aver intentato una causa alle Ferrovie dello Stato per i danni recati dalla costruzione della galleria S.Rocco decise di cedergli l’immobile per il prezzo di quattrocento milioni di lire. L’hotel venne trasformato nel 1951 e fino al 1963 in caserma per sottufficiali di Pubblica Sicurezza della Polizia ferroviaria. Da questo momento si susseguirono anni di desolazione e abbandono, lasciato alla mercè di vagabondi, tossicodipendenti e uomini in fuga: la vegetazione in crescita selvaggia invase le grandi terrazze, le finestre sfondate e l’interno del palazzo, tra rovine e detriti. A partire dal 1964, anno in cui le Ferrovie decisero di mettere in vendita l’immobile, si profilarono per il Miramare i più differenti scenari: da sede della Guardia di Finanza, a quella di un liceo artistico, facoltà e biblioteca universitaria, museo, ricovero per anziani. Le difficoltà erano molte: su tutte gravava il peso delle ingenti spese di recupero e la difficile realizzazione di un progetto di ristrutturazione e adattamento che non poteva rimanere estraneo alla necessità di salvaguardare la sottostante galleria S.Rocco. Lo stesso presidente del Consiglio Bettino Craxi, in visita a Genova per l’inaugurazione del nuovo aeroporto Cristoforo Colombo aveva sostenuto che “quel buco nero doveva sparire dalla città”. Finalmente nel 1998 l’imprenditore tortonese Giuseppe Corti acquistò il Miramare trasformandolo in un condominio di lusso. Gli architetti Remo De Giorgi ed Enrico Lamba Doria pianificarono un complesso di 70 alloggi serviti da box auto, una serie di uffici, un supermercato, una banca, una palestra e una lavanderia, senza dimenticare di recuperare in facciata il suo antico splendore, firma del Coppedè. Oggi arrivando a Genova dal mare o semplicemente attraversando la Sopraelevata capiamo perché il Miramare si guadagnò a pieno titolo l’appellativo di “Signore del Porto”.

  • ESTERNI

L’edificio si eleva su cinque piani di cui l’ultimo a mansarda e presenta al piano terreno un lungo porticato, più ampio degli altri piani, che sostiene la splendida terrazza del primo piano. Complessivamente lo sviluppo è longitudinale e la facciata è composta da un corpo centrale aggettante che divide simmetricamente le due ali laterali. Fu il Coppedè a ideare per la parte frontale un complesso gioco di incassi e riporti di indubbio risalto chiaroscurale ed abbellirla con agili bovindi e ricche balconate che percorrono su tre lati il palazzo, a est, sud e ovest. Non a caso le soluzioni adottate per l’Hotel non sfuggirono agli osservatori del tempo, tanto che un numero del 1906 della rivista “Architettura Italiana Moderna” gli dedicò un lungo articolo, prestando particolare attenzione ai progetti degli alzati e alle piante dello stabile. Le aperture delle parti aggettanti sono di tipo a serliane, una composizione architettonica composta da un arco a tutto sesto affiancato simmetricamente da due colonne che anticipano due aperture più piccole sormontate da un architrave. Il gruppo è anch’esso riccamente decorato in alcuni casi con frontoni,in altri con cariatidi. Altra particolarità del geniale intervento del Coppedè è la torretta sul lato ovest che porta il suo nome, oggi utilizzata come ingresso per il Bingo, sotto cui un tempo passava la funicolare. L’ingresso principale reca nella parte superiore una decorazione a cornucopia mentre sono ricorrenti in facciata decorazioni fitomorfe, mascheroni zoomorfi inseriti in lesene, capitelli su cui poggiano i terrazzini e i cornicioni. Alla sommità della parte centrale trova posto un imponente gruppo scultoreo formato da due figure michelangiolesche che affiancano uno stemma con cartiglio, riccamente decorato con figure vegetali e teste leonine che sorreggono con la bocca un festone. L’hotel era arricchito anche da un incantevole giardino pensile con palme, piante nane e diverse varietà di fiori fatti arrivare appositamente dall’estero.

  • INTERNI

Molte sono le cronache entusiastiche del tempo che ci tramandano come si doveva presentare l’interno del Miramare negli anni del suo massimo splendore: l’ingresso principale, realizzato con colonne in travertino e pietra da taglio, introduceva, attraverso uno scalone in marmo di Carrara, alla vasta hall da cui si passava alla sala di lettura, la sala da pranzo e al giardino d’inverno. Ma il fiore all’occhiello di questo impianto scenografico era la veranda: una splendida loggia coperta che percorreva i muri esterni, realizzata in travertini delle cave di Rapolano e che offriva ai suoi ospiti una spettacolare vista sul digradare della collina e sul porto. I saloni, in bianco e oro stile Luigi XVI, oppure in tenui tinte creme e pistacchio, erano arricchiti da splendidi affreschi e stucchi, in parte visibili ancora oggi, da eleganti specchiere e illuminati da raffinati lampadari. L’intervento realizzato a partire dal 1998 è stato di tipo conservativo, volto a recuperare tutto il possibile e restituircelo come doveva apparire all’inizio del secolo. Le duecento stanze erano tutte fornite di riscaldamento, di telefoni e di bagni. Gli ospiti avevano a disposizione anche una sala da parrucchiere per signore, un bazar, un ufficio per la vendita di biglietti ferroviari e marittimi e addirittura un forno per la cottura del pane, sempre freschissimo.

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Bibliografia

  • R. Bossaglia, M. Cozzi, "I Coppedè", Genova, Sagep, 1982.
  • L.Cametti, "Il signore del porto : apogeo, declino e rinascita del Miramare di Genova", Genova, San Giorgio, 2006.

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Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022